La schiaccia di Pasqua: storia di donne e di antichi mestieri

La foto è del mio amico Alessandro Beneforti, che vive a San Piero e mi ha aiutata a ricostruire la storia

La foto è del mio amico Alessandro Beneforti, che vive a San Piero e mi ha aiutata a ricostruire la storia e le signore  ritratte in foto sono:  Maria Diversi, Ughetta Dini, Isa Mari  e la purtroppo scomparsa Luana Catta

 

Oggi c’è un sole magnifico.

Mentre salgo su per la strada del Perone, direzione S. Piero,  le poderose fioriture di cisto e della ginestra mi riempiono gli occhi di colore.

C’è stato un tempo in cui facevo spesso questa strada: adesso mancavo da un po’.

E’ incredibile l’Elba: giri l’angolo e ti appare un mondo nuovo.

La varietà non le fa difetto, penso, e mi avventuro tra le viuzze del paese.

Un capannello di anziani in piazza nota la mia presenza: “so’ arivati li turisti”, bisbiglieranno, lo intuisco da come mi guardano.

Sorrido beffarda e ne approfitto per scattare una foto: tanto questo si aspettano da me, no?

Mi dirigo verso il panificio: sono qui per questo.

Ho letto che qui a Pasqua si fa un pane particolare: una ciambella, o meglio un girotondo di uccellini di pane all’anice. Lo chiamano la schiaccia di Pasqua.

La notizia mi ha entusiasmata anche perché ho letto che sono solo 5 le donne del paese che mandano avanti la tradizione.

Persone, sempre loro, penso mentre mi lascio guidare dal profumo di pane e entro nel piccolo alimentari.

Mi accoglie una giovane ragazza, sorride lievemente imbarazzata: forse non si aspetta il mio interesse per questo pane e mi dice che la signora che lo fa (una delle cinque ndr) è appena uscita.

Provo ad aspettarla. Girello un po’ per il paese, mi perdo per le sue viuzze, respiro l’aria dell’attesa mentre fantastico su queste donne, creature leggendarie, depositarie uniche e ultime di un antico sapere, di un patrimonio di cultura che appartiene a tutti e che troppo spesso finisce nel dimenticatoio dei “vecchi”.

La fortuna non mi assiste e della signora e delle sue 4 amiche neanche l’ombra.

Non mi arrendo: ne voglio fare un post.

Voglio raccontare che a S. Piero esiste questa antica tradizione che resiste all’usura del tempo e del conformismo e che a Pasqua, se vi va, potete sostenere anche voi lo sforzo di queste persone acquistando una delle loro magnifiche schiacce.

Voglio dire che queste donne ci provano ancora, ostinatamente, a raccontare il loro paese, attraverso le tradizioni delle loro nonne, impastando auspici e buoni propositi primaverili,  in un pane che è senz’altro augurio di prosperità e nuova vita che cova in un nido di bellezza croccante.